Qual è la lezione che abbiamo imparato dal Brunch Digitale di San Patrizio?

Che si può produrre birra di ottima qualità senza avere un birrificio ma che senza marketing e senza digitale non si va da nessuna parte.

Da passione a professione: la birra delle feste

E’ emblematica la storia di Carlo Pinzi e Paolo Marini de Il Birrificio Inesistente: una passione diventata professione che si affianca a lavori “seri”. Perché produrre birra non è un lavoro serio? E’ molto serio, raccontano i due amici-soci, perché quando si lavora con il prodotto alimentare l’attenzione alla qualità e alla sicurezza deve essere assoluta. E quando si ha a che fare con la birra occorre fare delle scelte perché il mondo delle birre è infinito e tra blanche, tripel, lager, IPA (..etcetera etcetera) si rischia di perdere la bussola.

Carlo Pinzi ha un’esperienza come copy (da qui viene l’immagine de Il Birrificio Inesistente, dove anche un articolo fa la differenza) e Paolo Marini è un uomo di numeri (da qui viene l’attenzione sulle vendite e sulla promozione del marchio). Poi andando più nel concreto Carlo cura la produzione e quindi lavora sulle materie prime e sul prodotto mentre Paolo si occupa di promozione e vendite.

Per sintetizzare potremmo dire che Carlo la fa (la birra) e Paolo la beve e la vende (la birra).

Ma come si passa dalla passione alla professione? Non c’è una ricetta perché Carlo ha iniziato a produrre la birra in appartamento all’università a Bologna per rifornire le feste studentesche. Poi ha proseguito e il nome del birrificio viene proprio dalla domanda ricorrente che gli facevano i primi consumatori della sua birra: “Ma quale birrificio è” e la risposta era che non c’era un birrificio. Da qui viene “birrificio inesistente” con il marketing che gli fa aggiungere un articolo che cambia tutto IL birrificio inesistente, l’unico e inimitabile.

Materie prime di qualità

Come si fa a produrre una birra senza un birrificio? Si parte dalle materie prime a chilometro zero e poi si trova un impianto che consenta di lavorarle e di produrre la birra.
L’orzo viene da Castel Goffredo, i lieviti sono quelli che lavorano anche a temperatura ambiente (la scelta nasce dalla maggior facilità di utilizzo quando si produceva in appartamento) e il luppolo è europeo con sentori più erbacei rispetto a quelli americani.

La differenza con gli altri birrifici sta in questa cura dei dettagli e nell’immagine coordinata.

I nomi sono importanti per l'immagine coordinata

Abbiamo già parlato dell’articolo davanti al nome de Il Birrificio Inesistente. Adesso parliamo anche dell’immagine coordinata e delle scelte dei nomi.

L’immagine la si riconosce al volo non solo sulle bottiglie ma soprattutto sulle lattine (ci ritorneremo dopo).

In diretta abbiamo assaggiato La Sveltina (prima di fare commenti leggete il seguito!).

Ecco la descrizione del prodotto:
La Sveltina

  • Facile e veloce ma con soddisfazione
  • Ispirata dalle birre di Colonia e dai pezzi di Fred Buscaglione
  • L’abbiamo immaginata dolce all’inizio, leggermente amara un attimo dopo
  • La beviamo con antipasti sfiziosi, cibo di strada e piatti vegetariani. All’inizio dell’aperitivo, ai concerti e anche nei mercoledì di coppa
  • Ingredienti: acqua, malti d’orzo, luppolo e lievito
  • Birra ad alta fermentazione immaginata e distribuita da “Il Birrificio Inesistente”
  • Prodotta in Italia
  • Rifermentata in bottiglia. Non pastorizzata o filtrata. Evolve col tempo

C’è tutto quello che serve a identificare il prodotto. In più la scelta della lattina che mantiene al buio la birra, è ecologica e cambia il punto di vista sulla birra artigianale (che di solito troviamo in bottiglia. E così era ai tempi dell’università con i vicini che si lamentavano del colpo di martello per chiudere il tappo a corona).

Un Marketing Digitale e Analogico

Sul marketing si lavora sia in digitale che in analogico. Si pubblica sui social (la scelta è caduta su Instagram e Facebook, pochi ma gestiti con efficacia) e poi si fa il porta a porta.

Il mercato di riferimento infatti è l’HORECA, bar, locali e ristoranti che vanno convinti e coccolati. Poi i consumatori che invece ritrovano on-line i prodotti già assaporati in presenza insieme alle informazioni e alla possibilità di acquistare direttamente.

Da ultimo nella logica “festaiola” della birra un beer truck che si sposta seguendo l’onda delle feste e delle piazze e che può essere utilizzato per occasioni particolari.

Da dove arrivano gli ordini? Dall’e-commerce per i consumatori, da whatsapp per bar e ristoranti.

Sono ordini piccoli e che si consegnano alla svelta perché la birra non deve invecchiare. Come scrivevo all’inizio, la birra migliore è quella più giovane (ma con la giusta maturazione).

La birra preferita è sempre la più giovane

Ed ecco le birre preferite dai protagonisti del Brunch.
Carlo: la birra preferita è la più giovane, quella va bevuta presto e non deve invecchiare (anche se ci sono tipi di birre destinate a maturare con calma).
Paolo: birra a bassa fermentazione tedesca a Bamberga: pils K1 prodotta dal birrificio Krug
Carloalberto: il prosecco che ha le bollicine (perché non bevo birra)
Giacomo: la blanche (che è un tipo di birra – marca Hoegaarden) e la tripel (Rochefort trappista 12 gradi).

Puoi rivivere la divertente diretta, o ascolta le voci, in versione podcast, la puntata per scoprire di più.

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